Ai gentili visitatori

Purtroppo in questi ultimi anni, il sindacato sta vivendo una forte crisi a causa di innumerevoli errori commessi nel passato e che continuano a ripetersi nel presente, determinando sentimenti di forte sfiducia. Lo scopo è quello di creare uno spazio di discussione e di critica costruttiva, svincolato da logiche sindacali, nella connotazione negativa che il termine ha acquisito.

martedì 24 maggio 2011

Errori nei concorsi non solo nei VVF

Dedicato a coloro i quali ci spingono a credere che l'erba del vicino sia sempre più verde, cercando di far credere che i problemi esistano solo nella nostra amministrazione, purtroppo occorre essere realisti e constatare che i problemi esistono anche nelle altre amministrazioni e sono perfettamente analoghi a quelli che viviamo quotidianamente anche noi, pertanto il problema è più radicato di quanto si possa pensare e richiede uno sforzo costante da parte di tutti:

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12008 presentata da

GIOVANNI PALADINI

giovedì 19 maggio 2011, seduta n.475

PALADINI. -

Al Ministro dell'interno.

- Per sapere - premesso che:

il concorso bandito nel 2009 dal competente dipartimento del Ministero dell'interno per vice-sovrintendente di polizia e svolto nel dicembre 2010 si basava su questionari che si ritenevano corretti e ben valutati; subito dopo l'emissione dei risultati, però, sono stati scoperti e denunciati almeno ventisei madornali errori;

il ruolo messo a concorso era molto ambito; per questo la partecipazione risultò massiccia: 16.000 candidati per centosedici posti liberi;

al fine di elaborare i quiz per questo concorso pubblico, il Ministero dell'interno si è avvalso di una società esterna specializzata assistita da una commissione costituita ad hoc;

il direttore dell'ufficio concorsi del Dipartimento della polizia di Stato ha dichiarato che circa un migliaio di concorrenti saranno chiamati a ripetere la prova, sebbene il Coisp abbia già evidenziato come nel provvedimento di reiterazione della prova scritta siano già stati commessi nuovi errori nella correzione di quelli vecchi;

in un concorso pubblico così importante non sono ammissibili, ad avviso dell'interrogante, errori di alcun genere né è possibile che addirittura essi passino inosservati sia ad una società specializzata pagata per elaborarli, sia al controllo di una commissione -:

quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato al fine di ripristinare serietà, rigore e prestigio in relazione ad un concorso pubblico per un ruolo molto ambito come quello di vice-sovrintendente di polizia.

Ninna nanna dormi pompiere!!!

L’articolo 4 comma 3 bis del D.L. 29 novembre 2008 n. 185 ha stabilito che le risorse del fondo antincendi “sono utilizzate, a decorrere dal 1o gennaio 2009, per il 60 per cento al fine di assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo particolari emolumenti da destinare all'istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all'esterno

Le compagnie aeree hanno immediatamente sostenuto che il citato D.L. 185/2008 ha destinato le somme del fondo alla copertura dei costi generali del CNVVF, perseguendo così finalità totalmente estranee da quelle inizialmente individuate, ovvero contribuendo a finanziare il lavoro di tutti i Vigili del Fuoco e non solo quello degli addetti al servizio negli scali aeroportuali, presentando così ricorso.

La commissione tributaria ha accolto il ricorso, bloccando pertanto le risorse per 30 milioni di euro, provenienti dal fondo antincendi.

Nessuno pare si sia chiesto come mai, mancando a questo punto, la copertura finanziaria, il nuovo contratto sia passato indenne al controllo operato dalla Corte dei Conti!

La risposta è semplice, si sono trovate le risorse necessarie, facendo riferimento alle disponibilità del fondo di amministrazione che negli ultimi esercizi presentava sistematicamente una rilevante quota di risorse non utilizzate in contrattazione integrativa!!!

domenica 22 maggio 2011

COMPARTO SICUREZZA: LE ORIGINI

COMPARTO SICUREZZA: LE ORIGINI

Un disastro normativo determinato da una piccola nota di una tabella dell’articolo 43 della Legge 121/81, dagli effetti devastanti, che manda in frantumi i delicati equilibri tra gradi e qualifiche e che ha rischiato di mettere in ginocchio l’intero sistema, con catastrofiche conseguenze dal punto di vista degli oneri finanziari e quindi per i bilanci dello Stato.

Nel documento “L’equivoco storico: riflessioni sul comparto sicurezza ed articolo 16 della Legge 121/81”, oltre ad aver analizzato le motivazioni secondo cui sarebbe impossibile provvedere all’inserimento del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco nell’ambito dell’articolo 16 della Legge 121/81 senza stravolgerne completamente le finalità istituzionali e lo status giuridico del personale, abbiamo affermato che il comparto sicurezza nasce nel 1995, ovvero 14 anni dopo l’emanazione della legge 121, a conclusione di un travagliato percorso politico sindacale, attraverso cui si giunge all’istituzione del citato autonomo comparto di negoziazione che regola la contrattazione degli appartenenti alle forze di polizia ed alle forze armate; scopo del presente documento è quello di ricostruire il particolare e delicato momento storico, oltre alla complessa vicenda politica e giuridica, incentrata sul trattamento economico delle forze di polizia, che ha reso indispensabile l’istituzione del comparto sicurezza e difesa.

Al fine di cogliere la complessità del particolare momento storico, occorre evidenziare come tali vicende abbiano avuto come sfondo i mesi immediatamente precedenti alle elezioni politiche del 5 aprile 1992, ovvero un periodo particolarmente complesso e delicato, contrassegnato da forti tensioni istituzionali, che nello specifico, giunse a coinvolgere, oltre al Governo ed al Parlamento anche il Presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato, la Corte Costituzionale e la magistratura amministrativa (T.A.R.).

Alla base della complessa vicenda si innesta un contenzioso giurisdizionale che ha origine dall’articolo 43 della Legge 121/81 (la legge sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza) e da una tabella richiamata dallo stesso articolo, da cui ebbe origine la necessità di un riordino complessivo (il comparto sicurezza) che ponesse un freno al reciproco rincorrersi tra i protagonisti della vicenda, nell’ottenimento di un più favorevole trattamento economico.

Come è stato in precedenza affermato, l’intera vicenda ebbe origine con riferimento al trattamento economico degli appartenenti ai Corpi di polizia, in particolare all’articolo 43 della Legge 1 aprile 1981 n. 121, che estendeva il trattamento economico della Polizia di Stato agli altri corpi di polizia previsti dall’articolo 16 della stessa legge, tra i quali l’Arma dei Carabinieri, sulla base della citata tabella di equiparazione allegata alla legge 121/81, che divenne motivo del contendere.

Tale tabella fungeva da raffronto tra i gradi e le qualifiche del precedente ordinamento del personale del disciolto corpo della guardia di P.S. e le qualifiche del nuovo ordinamento della Polizia di Stato, oltre che tra queste ed i gradi del personale delle varie forze di polizia. Nella citata tabella tuttavia non furono incluse le qualifiche degli ispettori della Polizia di Stato, in quanto non vi era corrispondenza tra la qualifica di ispettore ed i gradi del personale delle altre forze di polizia, così come affermato dalla nota in calce alla stessa tabella.

Fu proprio questa piccola nota all’origine della complessa vicenda politica e giuridica in oggetto. I sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri, adirono al T.A.R. del Lazio al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto all’estensione del trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato secondo un criterio che non poteva essere riconducibile alla tabella allegata alla Legge 121/81 e che li vedeva equiparati ai sovrintendenti della Polizia, richiedendo invece il medesimo trattamento del personale di polizia da sovrintendente capo ad ispettore capo.

Il T.A.R. ritenne il ricorso fondato, constatando la sostanziale equivalenza della mansioni svolte rispettivamente dagli ispettori di polizia e dai sottufficiali dei carabinieri, formulando così una nuova tabella di equiparazione, che andava così a sostituire quella della Legge 121/81.

Come ovvio che accadesse, le varie Amministrazioni adivano il Consiglio di Stato, il quale sollevò immediatamente la questione di costituzionalità dell’articolo 43 della Legge 121/81 e della tabella ad essa allegata, in relazione agli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione.

Con la sentenza n. 277/91 la Corte dichiarava fondata la questione di legittimità e pertanto venivano dichiarati costituzionalmente illegittimi l’articolo 43 comma 17 della Legge 121/81, l’allegata tabella e la nota in calce alla tabella stessa, omettendo tuttavia di proporre una ipotesi di nuova equiparazione così come inizialmente richiesto dal Consiglio di Stato, cosa che determinò un nuovo disaccordo tra le parti in causa infatti, da un lato i sottufficiali dell’Arma sostenevano che la sentenza della Corte Costituzionale determinava l’obbligo per le amministrazioni competenti di adottare un provvedimento amministrativo, senza la necessità di attendere uno specifico provvedimento legislativo, dall’altro le amministrazioni interessate che sostenevano che, avendo la Corte Costituzionale precluso ogni intervento additivo, aveva implicitamente riconosciuto la necessità di un intervento di natura legislativa, al fine di procedere alla equiparazione dei sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri. In tale contesto non giovò certamente la scelta della Corte che, pur dichiarando fondata la questione di legittimità dell’articolo 43, aveva comunque consentito, seppur provvisoriamente, la vigenza del citato articolo.

Il 15 ottobre del 1992 interviene nuovamente il Consiglio di Stato che, pronunciandosi definitivamente stabilisce che dalla caducazione delle norme sottoposte al Corte Costituzionale non poteva che conseguire il riespandersi del principio di equiparazione secondo l’omogeneità di funzioni tra gli appartenenti ai Corpi di polizia sancito dalle norme ancora in vigore della Legge 121/81, stabilendo altresì che la Corte non intendeva alludere a futuri interventi legislativi, ma alle determinazioni giudiziali demandate al giudice a quo nonché alle eventuali determinazioni in sede amministrativa adottabili da parte della stessa Pubblica Amministrazione in sede di spontaneo adeguamento ai principi seguiti nella stessa motivazione della sentenza costituzionale.

Il Consiglio condannava così l’Amministrazione al pagamento ai sottufficiali dei Carabinieri del nuovo trattamento economico sulla base delle equiparazioni individuate nella sentenza di primo grado, disposizione disattesa dal Governo, che continuava a ritenere necessario un provvedimento legislativo ad hoc, tuttavia però, giunti a questo punto, sorgeva un nuovo problema in ordine alla reperibilità delle ingenti risorse finanziarie occorrenti per fronteggiare gli oneri connessi al miglioramento retributivo disposto dalla magistratura amministrativa e confermato dal Consiglio di Stato. Si decide così di rendere disponibili i fondi destinati al finanziamento delle leggi da approvare nel triennio 1992/1994, per un totale pari a 150 mld di lire annui.

La finanziaria reperisce le risorse, ma rinvia l’adeguamento del trattamento economico dei sottufficiali, fino all’approvazione di uno specifico provvedimento di legge. Interviene a questo punto il COCER dei Carabinieri, con un duro comunicato nel quale si dichiarava disposto a seguire la sua strada, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi costo al fine di salvaguardare l’esistenza di quella istituzione tanto cara agli italiani.

Tale atto, che non aveva precedenti, creò un vero e proprio terremoto politico, che andò ad aggravare ulteriormente quelle tensioni che già esistevano tra i massimi organi dello Stato. Come ovvio che accadesse, furono annunciate azioni disciplinari contro gli autori del comunicato, ma la cosa non servì ad arginare il COCER, al contrario il gesto eclatante, aveva consentito alle problematiche dei Carabinieri, di acquistare visibilità mediatica e come logica conseguenza, in un particolare e delicato momento politico, in un clima pre elettorale, anche la necessaria rilevanza politica.

In questo clima di conflitto istituzionale e di incertezza politica, nel gennaio del 1992 il Governo approva il Decreto Legge 7 gennaio 1992 n. 5 “Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia”.

Con tale provvedimento di legge la sentenza del T.A.R. Lazio 1219 del 9 luglio 1991 viene trasformata in norma di legge. Tuttavia c’è una prima anomalia infatti entra nell’ordinamento una nuova norma, il cui testo però, facendo riferimento ad una sentenza, non riceve la pubblicazione previste per le disposizioni di legge, ma ufficialmente può conoscerla soltanto chi si reca presso la Cancelleria del T.A.R. Lazio e chiede di ottenerne una copia.

Vi è un’altra anomalia di non poco conto dagli effetti devastanti, il decreto ha disposto l’equiparazione dei sottufficiali dell’Arma con gli ispettori di polizia secondo la nuova tabella formulata dal T.A.R. , ma continua a ritenere valida la vecchia tabella della Legge 121/81 nella quale i sottufficiali dei Carabinieri erano equiparati ai sovrintendenti di Polizia e quindi ad una qualifica inferiore. In relazione a quanto appena affermato, proprio l’articolo 3 del decreto dispone, in relazione ai miglioramenti retributivi previsti dai sottufficiali dei Carabinieri, che ai sovrintendenti di Polizia e agli equiparati ai sensi della tabella della Legge 121/81 degli altri Corpi di Polizia sia corrisposto il trattamento economico previsto per i livelli retributivi superiori.

In sintesi i sottufficiali dei Carabinieri si trovano ad essere equiparati agli ispettori di Polizia per effetto della tabella del T.A.R. del Lazio, mentre per effetto della contemporanea vigenza della tabella della Legge 121/81, le altre qualifiche degli altri Corpi, si trovano a loro volta ad essere equiparati ai sottufficiali dei Carabinieri.

L’effetto del Decreto e della contemporanea vigenza di entrambe le tabelle è come un macigno che manda in frantumi i già precari equilibri tra gradi e qualifiche dei diversi Corpi di Polizia, accade infatti che gli ispettori di Polizia si trovano ad essere raggiunti da un punto di vista retributivo, dai propri subordinati, ovvero dai sovrintendenti.

Così, volendo sintetizzare, i sottufficiali dei Carabinieri vengono equiparati agli ispettori di Polizia per effetto della tabella del T.A.R., i sovrintendenti a loro volta, per effetto della vigenza della tabella della Legge 121/81 si trovano ad essere equiparati ai sottufficiali dei Carabinieri e quindi di riflesso ai loro superiori, ovvero agli ispettori!

Cosa analoga accade anche negli altri Corpi di Polizia, innescando così reazioni a catena. Il decreto legge 5/1992 rappresenta un micidiale ordigno normativo, pronto ad esplodere e a far saltare l’intero sistema di equiparazioni tra le diverse qualifiche dei diversi Corpi di Polizia, che rischia di estendersi anche alle Forze Armate, attraverso meccanismi di equiparazione rispetto all’Arma dei Carabinieri, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista degli oneri finanziari, tali da mettere in ginocchio l’intero sistema.

Il decreto legge necessita ovviamente di una conversione in legge, si decide così di intervenire a scongiurare l’imminente disastro normativo e finanziario, ma le difficoltà non tardano a manifestarsi, sia perché la Camera dei Deputati è prossima allo scioglimento, sia perché il sottosegretario alle finanze e quello agli interni presentano emendamenti contrastanti, ciascuno volto a favorire rispettivamente la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato.

Al fine di porre in essere un tentativo di mediazione, la commissione Affari Costituzionali licenzia un testo che concede anche ai sottufficiali della finanza i miglioramenti retributivi, e cerca di porre rimedio alla conseguente sperequazione che si è venuta a determinare a danno degli ispettori di Polizia equiparati ai sovrintendenti. Il disegno di legge non riesce però a proseguire il suo iter di approvazione, le Camere si sciolgono con decreto datato 2 febbraio e nell’ultima seduta della Camera dell’11 febbraio, subito prima delle elezioni, tutto naufraga inesorabilmente.

La mancata conversione in legge del decreto determina reazioni durissime, si da il via a tutta una serie di clamorose iniziative di forte protesta, specie da parte dei sindacati di polizia. Intanto anche il COCER dei Carabinieri da il via a consistenti iniziative di protesta, giungendo a scrivere una lettera aperta al Presidente della Repubblica, auspicando un suo intervento risolutore della delicata questione e del pastrocchio normativo in essere.

Al fine di arginare la situazione, ormai fuori controllo, il Presidente della Repubblica, da il via a tutta una serie di consultazioni con i massimi responsabili delle forze dell’ordine, cosa che fa scoppiare una violenta polemica dello stesso Presidente Cossiga ed il ministro degli interni. La polemica si inasprisce ulteriormente in quanto il Presidente del Consiglio sostiene che sono le Camere, ormai sciolte, a dover riesaminare la legge, mentre il Presidente Cossiga ritiene tale atto assolutamente inammissibile. Si giunge così ad un compromesso e si stabilisce che le Camere riapriranno per l’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge sulle retribuzioni delle forze dell’ordine e per la legge sull’obiezione di coscienza che aveva determinato la caduta del governo.

Successivamente scoppierà un’altra forte polemica tra i sindacati di Polizia ed i Carabinieri, questi ultimi accusati di pretendere analogo trattamento economico, ma di essere comunque reticenti (secondo numerosi documenti provenienti dalle varie Questure d’Italia) alla collaborazione ed al coordinamento, oltre che a fornire uomini e mezzi per i servizi di ordine pubblico, in palese contrasto con la Legge 121/81.

Camera e Senato approvano il disegno di legge di conversione del decreto, ma con importanti modifiche, si confermano i benefici previsti per i sottufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e si è costretti ad introdurre ulteriori miglioramenti economici in favore dei gradi e delle qualifiche superiori, ma c’è di più, allo scopo di porre fine a questo frenetico rincorrersi dei miglioramenti retributivi, viene approvata nella stessa legge, la delega al Governo ad emanare entro il 31 dicembre 1992 un decreto legislativo per la disciplina del rapporto d’impiego del personale di tutte le forze di polizia e delle Forze Armate, prevedendo la partecipazione in sede di definizione degli accordi, anche dei COCER infatti, in base alla Legge 121/81, i COCER dei Carabinieri non prendevano parte alla definizione del trattamento economico delle forze di polizia, potendovi partecipare solo i sindacati della Polizia di Stato.

A seguito dell’approvazione della suddetta legge, il Governo è autorizzato ad emanare dei decreti legislativi per il riordino, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, delle attribuzioni e dei trattamenti economici dei vari Corpi di Polizia, potendo altresì prevedere la soppressione o l’istituzione di ruoli, gradi e qualifiche, potendo operare al contempo anche una rideterminazione delle dotazioni organiche.

Le uniche indicazioni fornite dalla legge delega si limitano a disporre a tal riguardo che per l’accesso a ruoli, gradi o qualifiche e per l’attribuzione di particolari funzioni, possa essere previsto il superamento di un concorso pubblico per esami riservato ai possessori della licenza di scuola media superiore e che l’accesso ai ruoli, gradi e qualifiche superiori sia riservato fino al limite del 30% dei posti al personale appartenente al ruolo, qualifica o grado immediatamente inferiore, purché in possesso di determinate anzianità di servizio.

Tuttavia anche la citata Legge di conversione mostrava delle anomalie, in particolare dal punto di vista della copertura finanziaria, le risorse necessarie furono sottratte dagli accantonamenti previsti dalla legge finanziaria per l’istituzione dei centri di assistenza fiscale per i lavoratori dipendenti e pensionati e per gli interventi in favore dei lavoratori immigrati, dei rifugiati e degli italiani all’estero.

Il nuovo riordino resosi necessario, determinò ingiustizie e sperequazioni nelle progressioni di carriera degli appartenenti alla PS, ed è alla base di numerose problematiche che si trascinano ancora oggi, correlate in tal senso, alla sperequazione a danno di coloro che si videro scavalcare dai pari qualifica, solo perché più anziani di pochissimi giorni, ciò ad indicare che coloro i quali vedono come termine di paragone per il CNVVF, il riordino delle carriere del 1995, non hanno ben chiaro il disastro normativo determinato dai provvedimenti legislativi analizzati e che, a distanza di oltre quindici anni, non hanno ancora trovato una soluzione.

Nelle pagine precedenti abbiamo fatto riferimento alla equiparazione del trattamento economico tra gli appartenenti ai Corpi di polizia, per chiarire nello specifico a cosa si faccia riferimento, interviene la magistratura amministrativa, la quale ha compiutamente stabilito cosa in concreto il legislatore abbia inteso con l’espressione “trattamento economico”, ferma restando la sua discrezionalità nel disciplinare anche singolarmente ed in maniera differenziata la determinazione di singole voci o indennità, rientranti o meno nell’astratta nozione di trattamento economico.

A tale scopo, la magistratura amministrativa ha osservato che il sedicesimo comma dell’art 43 della legge 121/81, ( “ il trattamento economico previsto per il personale della Polizia di Stato è esteso all’Arma dei Carabinieri, e ai corpi previsti dai commi 1 e 2 dell’art 16) non può essere letto disgiuntamente dal comma 3 del medesimo enunciato normativo, che recita chiaramente: :”il trattamento economico del personale che espleta funzioni di polizia è costituito dallo stipendio del livello retributivo e da una indennità pensionabile, determinata in base alle funzioni attribuite, ai contenuti di professionalità richiesti, nonché alle responsabilità ed al rischio connessi al servizio.”.

Appare pertanto evidente che il legislatore ha esteso il trattamento previsto per la Polizia di Stato agli altri Corpi di cui all’articolo 16, relativamente allo stipendio ed alla indennità pensionabile (quale indennità di funzioni di polizia), mentre non altrettanto ha fatto con riferimento alle speciali indennità quali quelle relative al lavoro straordinario, al servizio notturno e festivo, ecc., stabilendo altresì che tale diversificazione di trattamento, oltre alla gradualità nell’attribuzione di determinati benefici economici, rientra nella discrezionalità del legislatore, sia in relazione alla obbiettiva diversità di funzioni proprie dei diversi corpi di Polizia, sia in relazione alla esigenza di necessaria copertura finanziaria della legge e delle correlate esigenze di bilancio dello Stato.

In ragione di quanto sopra esposto, risulta estremamente facile comprendere le motivazioni per le quali si pone in essere, nel periodo storico analizzato, un notevole investimento economico, volto ad elargire benefici economici (a compensazione di un disastro normativo di immani proporzioni, che avrebbe potuto determinare un vero e proprio dissesto finanziario) e che risulta essere alla base dell’attuale divario retributivo tra il Corpo Nazionale Vigili del Fuoco e le Forze Armate / Forze di Polizia. Senza il madornale errore commesso dal legislatore nel testo della Legge 121/81 e grazie anche a tutta una serie di successivi errori, che consentirono ai subordinati di essere economicamente equiparati ai diretti superiori, con una gravissima forma di sperequazione a danno di questi ultimi, che andava necessariamente sanata, probabilmente le vicende si sarebbero evolute in maniera totalmente differente.