Ai gentili visitatori

Purtroppo in questi ultimi anni, il sindacato sta vivendo una forte crisi a causa di innumerevoli errori commessi nel passato e che continuano a ripetersi nel presente, determinando sentimenti di forte sfiducia. Lo scopo è quello di creare uno spazio di discussione e di critica costruttiva, svincolato da logiche sindacali, nella connotazione negativa che il termine ha acquisito.

giovedì 30 dicembre 2010

CONSIGLIO DI STATO BOCCIA OPERATO AMMINISTRAZIONE SU CONCORSO CAPO REPARTO DECORRENZA 2005

Il Consiglio di Stato, pronunciandosi riguardo le procedure di assegnazione delle sedi 87 sedi disponibili non assegnate a seguito della circolare emessa in data 7 luglio 2005 con la quale il Capo Dipartimento comunicava l’indizione di un bando di concorso a 326 posti nel profilo di capo reparto con decorrenza 1° gennaio 2005, afferma che l'Amministrazione ha operato una sostanziale violazione delle regole della procedura selettiva non sembrando corretta la scelta di attribuire gli 87 posti residuanti a seguito delle procedure di mobilità in favore di soggetti i quali fossero stati ritenuti rinunciatari per non aver operato la scelta della sede, ovvero per avere espressamente rinunciato al concorso.Il Consiglio di Stato procede affermando che l’Amministrazione ha operato una sostanziale violazione delle regole della procedura selettiva di cui si era a suo tempo dotata, avendo sostanzialmente riammesso all’attribuzione dei posti taluni soggetti i quali non potevano – per diverse ragioni – essere più considerati titolati a concorrere alle opportunità di cui alla più volte richiamata procedura comparativa; pertanto l'Amministrazione non risulta leggittimata a riaprire sostanzialmente la procedura selettiva in favore di soggetti i quali ne fossero per fatto proprio stati esclusi. Afferma il Consiglio di Stato che è del tutto ingiustificabile che l’Amministrazione si sia risolta a stravolgere ‘in corsa’ le regole della procedura selettiva : a) considerando ‘nuovo’ un elenco di sedi in massima parte coincidente con quello conseguente all’attribuzione dei primi 292 posti, nonché b) riattribuendo (in quota – per così dire – ‘concorsuale’) tutti i posti disponibili in favore di soggetti i quali si erano scientemente e per fatto proprio posti al di fuori della procedura selettiva in senso proprio, in tal modo consumando il proprio potere di scelta in relazione alla stragrande maggioranza di tali sedi le quali, pure, erano già state loro offerte in via prioritaria in ragione della migliore posizione di graduatoria.

TESTO DELLA SENTENZA:

FATTO

Il sig. Cocco riferisce di essere dipendente del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Protezione Civile e dei Servizi Antincendio (Corpo Nazionale dei VV.FF.) e di essere inquadrato nel profilo di ‘capo squadra’ (posizione economica B2).

Riferisce, altresì, che con circolare in data 7 luglio 2005 il Capo Dipartimento comunicava l’indizione di un bando di concorso a 326 posti nel profilo di capo reparto con decorrenza 1° gennaio 2005 (posizione economica B3), riservato al personale interno già inquadrato nella qualifica di capo squadra.

La lex specialis della procedura stabiliva che l’accesso al profilo di capo reparto sarebbe avvenuto all’esito di uno specifico corso di qualificazione cui si poteva accedere sulla base di una graduatoria per titoli e che la scelta delle sedi sarebbe avvenuta sulla base della graduatoria finale.

Specifiche disposizioni regolavano l’esercizio della facoltà di rinunzia alla sede assegnata, nonché la decadenza dall’assegnazione.

Con decreto in data 13 dicembre 2005 veniva stabilito che il numero dei posti da assegnare all’esito della procedura per cui è causa fosse aumentato sino a 376 posti (di cui 329 da operatore ‘generico’, al pari dell’odierno appellante).

In pari data veniva pubblicata la graduatoria di merito che vedeva il sig. Cocco collocato nella posizione n. 772.

Nel dicembre del 2005 aveva luogo anche la procedura di scelta delle sedi e in tale occasione avveniva che molti candidati utilmente collocati rinunziassero alla posizione cui, pure, avrebbero avuto titolo per non avere rinvenuto una sede gradita fra quelle disponibili.

Per effetto di tali rinunzie (e del conseguente scorrimento della graduatoria di merito), l’ultimo posto da operatore ‘generico’ attribuito era quello corrispondente alla posizione di graduatoria n. 750.

Al termine del corso di formazione, solo 292 candidati venivano immessi nella qualifica di capo reparto e destinati alle sedi che avevano scelto. Quindi, risultavano non assegnati (376 – 292 =) 84 posti di capo reparto (in seguito aumentati sino ad 87).

In base alla lex specialis della procedura, i posti in tal modo resisi vacanti avrebbero dovuto essere attribuiti previo scorrimento della graduatoria

Risulta agli atti che in data 8 giugno 2006 il Capo del Dipartimento ebbe ad indire una procedura di mobilità straordinaria per capi reparto, sulla base della ricognizione dei posti disponibili.

L’atto di indizione della procedura stabiliva, inoltre, che “sulla base della succitata ricognizione, l’Amministrazione procederà inoltre alla copertura degli 87 posti rimasti scoperti al termine della procedura concorsuale a capo reparto con decorrenza 1.1.2005, mediante scorrimento della relativa graduatoria”.

All’indomani dell’espletamento della procedura di mobilità straordinaria (all’esito della quale alcuni posti da capo reparto erano stati occupati ed altri si erano resi disponibili), il dirigente di settore ribadiva che gli 87 posti rimasti scoperti a seguito della conclusione procedura concorsuale a capo reparto sarebbero stati attribuiti mediante scorrimento della graduatoria degli idonei e contestualmente si forniva una ricognizione delle sedi in tal modo attribuibili (atto in data 31 luglio 2006).

Tuttavia, con il provvedimento in data 9 ottobre 2006 (oggetto di impugnativa nell’ambito del promo giudizio) il Capo del Dipartimento rappresentava che, a seguito della procedura di mobilità straordinaria indetta nel giugno dello stesso anno, si erano resi disponibili “nuove sedi (…) che potranno essere scelte per la copertura di 87 posti rimasti scoperti al termine della procedura concorsuale a capo reparto – decorrenza 1 gennaio 2005”.

Pertanto il Capo del Dipartimento stabiliva che “i posti rimasti vacanti sono riservati al personale di cui alla graduatoria di ammissione al corso della procedura a 326 posti di capo reparto (…) che, a vario titolo, non ha scelto la sede, ivi compresi i rinunciatari in occasione della scelta della sede”.

La determinazione veniva gravata dal sig. Cocco e da altri candidati con ricorso gerarchico, che l’Amministrazione respingeva ritenendo dirimente la circostanza per cui i posti di cui all’atto in data 9 ottobre 2006 fossero nuovi e diversi rispetti a quelli del concorso a capo reparto a suo tempo bandito.

In particolare, afferma il decreto decisorio che “l’assegnazione dei posti rimasti vacanti al termine della procedura concorsuale sopraccitata non ha avuto luogo mediante scorrimento della graduatoria degli idonei, in quanto il sistema avrebbe sfavorito i candidati che, utilmente collocati nella graduatoria, avevano già operato la scelta sulla base della precedente ricognizione delle sedi. Si è ritento quindi [con l’atto impugnato] di coinvolgere nella procedura di scelta tutto il personale di cui alla graduatoria di ammissione al corso che, a vario titolo, aveva rinunciato, tenuto conto che le sedi da assegnare sono emerse a seguito di una successiva ricognizione e sono pertanto nuove rispetto a quelle in base a cui si era svolta la precedente procedura di scelta sede (…) Ciò premesso, la richietsa dei ricorrenti di procedere alla copertura degli 87 posti rimasti scoperti mediante scorrimento della graduatoria dalla posizione n. 751, non può essere accolta, in quanto, trattandosi di nuove sedi, risulterebbe lesiva del criterio di assegnazione sulla base dell’ordine di graduatoria”.

Pertanto, i ricorrenti in via gerarchica adivano il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio lamentando l’illegittimità sia della decisione sul rimedio giustiziale, sia del sotteso atto in data 9 ottobre 2006.

Tuttavia, con la setnenza oggetto del presente appello il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso e confermava la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, osservando che “l’Amministrazione non ha proceduto allo scorrimento della graduatoria perché le sedi vacanti non facevano parte di quelle originariamente messe a concorso.

E poiché solo per queste ultime era stata prevista l’assegnazione mediante scorrimento della graduatoria, era sua facoltà indire una nuova procedura di mobilità ad hoc, basata su criteri di scelta e di distribuzione differenti rispetto a quelli stabiliti nel precedente bando di concorso”.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dal sig. Cocco, il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

All’udienza pubblica del 12 ottobre 2010 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un ‘capo squadra’ del Corpo Nazionale dei VV.FF. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con cui è stato respinto il ricorso avverso i provvedimenti con cui il Ministero dell’Interno ha disposto di riservare a diverse categorie di personale (escludendo l’odierno appellante) la scelta fra 87 posti vacanti di ‘capo reparto’ resisi disponibili all’esito di una procedura selettiva avviata nel 2005.

2. Con un primo motivo di doglianza il sig. Cocco lamenta che la sentenza sia meritevole di riforma per avere il primo giudice erroneamente ritenuto che le sedi indicate come ‘nuove’ nell’ambito della circolare n. 8060/2006 non facessero parte di quelle originariamente messe a concorso.

Secondo l’appellante, infatti, in tal modo statuendo il Tribunale amministrativo avrebbe erroneamente omesso di considerare che la gran parte delle (87) sedi indicate nell’ambito della richiamata circolare coincidessero con quelle rimaste non assegnate all’esito della procedura cui aveva partecipato il sig. Cocco e che le (poche) differenze fossero dovute unicamente alle modifiche determinatesi a seguito delle procedure di mobilità straordinaria svoltesi nel corso del 2006, le quali avevano comportato l’occupazione di alcune sedi e la messa a disposizione di altre sedi.

Ancora, l’appellante lamenta che la sentenza in parola abbia omesso di valutare l’incongruità dell’operato dell’Amministrazione la quale,

- dopo aver attribuito (per così dire ‘in prima battuta’) le sedi di cui all’originaria procedura indetta in data7 luglio 2005;

- dopo aver preso atto delle rinunce in tale occasione operate dai candidati meglio posizionati, i quali avevano preferito rinunciare alla promozione pur di non essere trasferiti presso una sede sgradita e

- dopo aver rimesso a disposizione i posti in tal modo residuanti attraverso procedure di mobilità straordinaria,

si era infine risolta ad attribuire gli 87 posti ulteriormente residuanti (non già offrendoli a coloro che – come il sig. Cocco – fossero ancora titolati a ciò, in quanto utilmente collocati nell’ambito della graduatoria dell’originaria procedura, bensì) offrendoli a soggetti che non avrebbero più avuto alcun titolo a tale attribuzione per avervi espressamente rinunziato ovvero per essere stati dichiarati decaduti.

2. Il motivo è meritevole di accoglimento.

2.1. In particolare, il Collegio osserva che quanto statuito dall’Amministrazione con la circolare in data 9 ottobre 2006 (e con i successivi atti impugnati in prime cure) risulta complessivamente contrastante con le regole disciplinanti la procedura comparativa avviata in data 7 luglio 2005, non sembrando corretta la scelta di attribuire gli 87 posti residuanti a seguito delle procedure di mobilità in favore di soggetti i quali fossero stati ritenuti rinunciatari per non aver operato la scelta della sede, ovvero per avere espressamente rinunciato al concorso.

In tal modo, l’Amministrazione ha operato una sostanziale violazione delle regole della procedura selettiva di cui si era a suo tempo dotata, avendo sostanzialmente riammesso all’attribuzione dei posti taluni soggetti i quali non potevano – per diverse ragioni – essere più considerati titolati a concorrere alle opportunità di cui alla più volte richiamata procedura comparativa.

L’Amministrazione appellata (con rilievo fatto proprio dal primo giudice) ha giustificato la scelta in base alla considerazione secondo cui, laddove non si fosse operato nel richiamato modo, si sarebbero nella sostanza svantaggiati i soggetti meglio collocati in graduatoria i quali paradossalmente non avrebbero potuto concorrere all’attribuzione dei posti (rectius: delle sedi) in astratto più ambite, le quali si fossero rese disponibili a seguito degli avvicendamenti verificatisi a seguito delle procedure di mobilità straordinaria avviate nel corso del 2006.

Tuttavia, ritiene qui il Collegio, l’osservazione non vale a giustificare l’operato dell’Amministrazione, se solo si consideri che (come emerso in corso di causa) gli avvicendamenti determinatisi a seguito delle richiamate procedure di mobilità avevano interessato un numero comunque ridotto di posizioni lavorative (le quali erano rimaste invariate nel numero complessivo – 87 –, con modifiche di sede relative soltanto a 21 posti sugli 87 ancora a disposizione).

Ne consegue che gli esiti delle procedure di mobilità straordinaria (procedure che, a rigore, l’Amministrazione non era neppure tenuta ad avviare, stante la concomitanza di una procedura selettiva la quale – in ipotesi – avrebbe potuto riguardare alcune delle medesime sedi da attribuire) non legittimavano l’Amministrazione a riaprire sostanzialmente la procedura selettiva in favore di soggetti i quali ne fossero per fatto proprio stati esclusi.

A tutto concedere, infatti, l’operato dell’Amministrazione sarebbe risultato condivisibile se, una volta modificata la mappatura delle sedi disponibili in conseguenza delle procedure di mobilità straordinaria (con occupazione di alcune sedi e liberazione di altre), si fosse deciso di rendere indisponibili le sole (e limitate) sedi davveronuove’ rispetto a quelle a suo tempo offerte, riservando queste ultime (e solo queste) al personale ormai escluso dalla procedura selettiva, attraverso procedure esulanti dall’utilizzo della graduatoria ancora in corso di validità.

Al contrario, ciò che è del tutto ingiustificabile è che l’Amministrazione si sia risolta a stravolgere ‘in corsa’ le regole della procedura selettiva: a) considerando ‘nuovo’ un elenco di sedi in massima parte coincidente con quello conseguente all’attribuzione dei primi 292 posti, nonché b) riattribuendo (in quota – per così dire – ‘concorsuale’) tutti i posti disponibili in favore di soggetti i quali si erano scientemente e per fatto proprio posti al di fuori della procedura selettiva in senso proprio, in tal modo consumando il proprio potere di scelta in relazione alla stragrande maggioranza di tali sedi le quali, pure, erano già state loro offerte in via prioritaria in ragione della migliore posizione di graduatoria.

3. Per le ragioni esposte il ricorso va accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza oggetto di gravame, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado dal Cocco, con conseguente annullamento degli atti in tal sede impugnati, nei limiti dell’interesse del ricorrente (ossia, per la sola parte in cui tali atti avevano impedito in concreto all’odierno appellante di operare la scelta fra le sedi disponibili mercé lo scorrimento della graduatoria in cui egli risultava utilmente collocato)

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi, legati alla complessità della vicenda, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, dispone l’annullamento degli atti impugnati in prime cure, nei limiti dell’interesse del ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

mercoledì 22 dicembre 2010

martedì 21 dicembre 2010

VIA LIBERA AI RIFORNIMENTI DI BENZINA CON I PASSEGGERI A BORDO.

Dopo la sperimentazione effettuata presso l’aeroporto di Malpensa, per il rifornimento di carburante agli aeromobili con passeggeri a bordo, pare che il Ministro Maroni abbia valutato positivamente l’iniziativa che, secondo l’Enac, permette di rifornire gli aeromobili con passeggeri a bordo, in imbarco e sbarco, senza la presenza diretta dei Vigili del Fuoco, allineando le procedure nazionali a quelle degli altri paesi europei. Sembra inoltre che il Ministro Maroni abbia convenuto sull’opportunità di estendere tali procedure agli altri aeroporti commerciali per incrementarne l’efficienza, egli ha inoltre comunicato l’emanazione in tempi brevi, di un nuovo decreto ministeriale che andrà a sostituire quello vigente.

Occorre a questo punto focalizzare l’attenzione su ciò che cambierà rispetto alla vigente legislazione in materia: il Decreto Ministeriale del 30 settembre 1985 prevede che Se durante le operazioni di rifornimento o di aspirazione di carburante i passeggeri rimangono a bordo dell'aeromobile, oltre alle norme generali predette, devono essere osservate anche le seguenti misure: … omissis … per l'aeromobile da rifornire deve essere richiesto il servizio di assistenza antincendi al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che vi provvede con proprio mezzo antincendio … omissis … . il servizio di assistenza viene reso a pagamento con le tariffe previste dalla legge in vigore … omissis … il rifornimento non può in alcun caso iniziare prima dell'arrivo del mezzo antincendio del servizio di assistenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco … omissis … Negli aeroporti non compresi nella tabella A della legge 23 dicembre 1980, n. 930, e nei quali il servizio antincendi non è assicurato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, devono essere osservate le seguenti norme: le operazioni di rifornimento e di aspirazione di carburante agli aeromobili con passeggeri a bordo non sono consentite”

Come si può facilmente notare, il decreto del 1985 focalizza l’attenzione sulla sicurezza dei passeggeri, garantendo la presenza diretta sul posto di un servizio di assistenza antincendi espletato dal Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, il nuovo indirizzo invece appare improntato a porre in secondo piano la sicurezza dei passeggeri subordinandola alle esigenze di efficienza delle compagnie aeree ed a nulla vale a nostro giudizio, il riferimento ad analoghe procedure adottate in altri paesi europei, se ciò si traduce in una significativa svendita della sicurezza del cittadino.

Non vorremmo comunque che (ed il sospetto appare anche lecito) il problema sia direttamente riconducibile al fatto che il servizio di assistenza del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, oggi viene reso a pagamento.

Tra i tanti dubbi sui livelli di sicurezza che verranno garantiti dopo tale modifica non solo procedurale ma anche legislativa, sui tanti dubbi riguardo le reali motivazioni di tali indirizzi, una sola è la certezza, ovvero che continua in maniera inesorabile lo smantellamento del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco che non potrà garantire un servizio a tutela dei cittadini.

Per concludere vorremmo sapere se il Ministro Maroni ha già in mente come compensare le penalizzazioni derivanti dal mancato introito dei servizi resi a pagamento, non solo per le già compromesse tasche dei Vigili del Fuoco, ma anche per le risorse dei fondi a cui erano destinate parte dei proventi.



domenica 7 novembre 2010

Scippi di professionalità

Dopo circa un anno di annunci e smentite, l'11 novembre Guido Bertolaso lascia la protezione civile. A prendere il suo posto sarà l'ex 007, già vice capo dipartimento ed ex Prefetto dell'Aquila Dott. Franco Gabrielli, che riceve in eredità un fardello decisamente pesante, aggravato dai tagli alle risorse e dalle inchieste giudiziarie. Da indiscrezioni sembrerebbe checome suo vice, a coadiuvare il nuovo capo della protezione civile nel difficile lavoro che lo attende, verrà scelta una figura di esperienza e competenza tecnica del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco. Non conosco il nome del futuro vice numero uno della protezione civile, ma so per certo che esperienza e competenze tecniche servono più ai Vigili del Fuoco che alla protezione civile, in quanto i continui tagli alle risorse e la difficile condizione del Corpo dovuta all'abbandono ed alla emarginazione operata dalla classe politica, non possono reggere al progressivo depauperamento che viene posto in essere, di professionalità ed esperienze maturate dai Vigili del Fuoco nel Corpo Nazionale. Ecco perché sono convinto che anche dinnanzi a promozioni, prestigio e maggiori opportunità, debba prevalere lo spirito di appartenenza e l'amore per il Corpo Nazionale Vigili del Fuoco.

sabato 6 novembre 2010

Lettera al Capo del CNVVF Ing. Pini

Chiarissimo Ingegner Pini.

Come ebbi a mio tempo ad evidenziare, in un recente passato trascorso nel sindacato, quando era in me ancora prevalente la convinzione, che questo fosse ancora pregno del significato etimologico che dovrebbe appartenergli di “insieme per la giustizia”, scoprendolo invece dotato di una deludente alterità, è mia ferma convinzione che l’uniforme dei Vigili del Fuoco, debba rappresentare il simbolo e l’orgoglio di essere parte integrante del Corpo ed in quanto tale, di rappresentare ed incarnare l’essenza dei principi universali di tutela e salvaguardia della sicurezza, della pubblica e privata incolumità, principi questi, che indubbiamente ci appartengono. Quando indossiamo l’uniforme, diventiamo responsabili del prestigio dei Vigili del Fuoco, diventiamo noi stessi, simbolo del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco ed è proprio per questo mio convincimento che ho accolto favorevolmente la Sua circolare avente per oggetto: “Utilizzo uniforme di servizio durante eventi e manifestazioni”, quale primo passo volto al risanamento dello svilimento dell’immagine del Corpo al quale si è assistiti sino ad oggi infatti, senza una necessaria inversione di tendenza, mi sarei aspettato di vedere, prima o poi, una uniforme dei Vigili del Fuoco indossata in un raduno neonazista.

Tuttavia mi è apparso quasi istintivo chiedermi, ma soprattutto chierLe: in una ottica di questo genere, è appropriato e consono l’utilizzo dell’uniforme in dotazione, in occasione di scioperi o manifestazioni sindacali o politico-sindacali? Da Torino a Palermo, si assiste ormai da troppo tempo all’incapacità o, talora, alla volontà di non cogliere la differenza tra il rappresentare il Corpo Nazionale Vigili del Fuoco in quanto istituzione che incarna i principi che gli sono propri ed il rappresentare i Vigili del Fuoco in quanto uomini, seppur speciali, ma sempre al servizio di quest’ultimo, una linea di confine che seppur nell’apparenza sottile, nella realtà dei fatti risulta sostanzialmente definita e particolarmente rimarcata.

E’ mia radicata convinzione che, scioperando, manifestando o comunque scendendo in piazza in uniforme, in quel momento, contrariamente a quello che si crede o che si vuole far credere, si diventa riconoscibili verso l’esterno, non già come appartenenti a questa o quella sigla sindacale ma, per inevitabile trascendenza, come Vigili del Fuoco, come Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, come Istituzione dello Stato; così se da un lato non si può (giustamente) rappresentare liberamente il Corpo Nazionale senza essere preventivamente autorizzati, si assiste ad un paradosso per cui un Vigile del Fuoco oggi può liberamente partecipare ad un corteo in rappresentanza di un sindacato, vestendo quell’uniforme, che inevitabilmente porta la sua immagine, in quel preciso momento, ad un livello di rappresentanza superiore, ovvero direttamente riconducibile all’istituzione dei Vigili del Fuoco, dall’altro lato non si può rappresentare il Corpo Nazionale in quanto istituzione, principalmente perché in diverse realtà, la pregressa carenza di organico, non consente di impiegare personale in servizio. Per questa logica, in una manifestazione sindacale, si vedono tante uniformi dei Vigili del Fuoco in una rappresentanza non istituzionale e quasi sempre di “nicchia”, ma stranamente negli appuntamenti nei quali vi è la necessità di rappresentare l’istituzione del Corpo Nazionale, si veda ad esempio i funerali della piccola Sarah Scazzi, i Vigili del Fuoco erano gli unici grandi assenti.

Per queste ragioni vorrei non dover più assistere a sfilate di uomini in uniforme durante manifestazioni sindacali o politico sindacali, in quanto, mentre l’uniforme rappresenta anche me, un sindacato, un partito politico o una mera ideologia, può rappresentarmi come persona, ma sicuramente non rappresenta il Corpo Nazionale Vigili del Fuoco. Con la speranza che in un prossimo futuro, possa incontrarla personalmente, nel ringraziarla del tempo dedicatomi Le porgo distinti saluti.

Manduria lì 15 ottobre 2010 V.P. Valentino Prezzemolo

venerdì 5 novembre 2010

RIFLESSIONI SUL COMPARTO SICUREZZA

RIFLESSIONI SUL COMPARTO SICUREZZA.

Di Valentino Prezzemolo

1. Premessa.

La mia breve esperienza in ambito sindacale, mi ha consentito di avere un quadro abbastanza delineato di quanta confusione vige, anche tra gli “addetti ai lavori”, riguardo la collocazione ordinamentale del CNVVF, alle differenze che possono sussistere tra i comparti di negoziazione e gli ordinamenti, ai motivi che hanno portato al nuovo comparto autonomo di contrattazione ecc., che verosimilmente può essere considerata come diretta conseguenza dell’impossibilità o difficoltà di cogliere gli importanti cambiamenti che hanno interessato i Vigili del Fuoco, anche da un punto di vista legislativo.

2. Cenni storici.

2.1 La riforma del pubblico impiego.

Il rapporto di lavoro di una persona alle dipendenze dello Stato o comunque di un altro ente pubblico, veniva denominato rapporto di pubblico impiego, ovvero una tipologia di impiego non riconducibile e nettamente differenziato, rispetto a quella di tipo privatistico. Nel corso degli anni si è avviato un processo di rivisitazione di tale concetto a livello giuridico, che ha comportato radicali e profonde trasformazioni del pubblico impiego, mutando la natura giuridica del rapporto, considerato non più di natura pubblicistica ma privata, si è assistiti così alla privatizzazione del diritto del lavoro pubblico, mediante la modifica delle fonti regolatrici del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; i rapporti di lavoro del pubblico impiego contrattualizzato venivano pertanto ricondotti al diritto privato. Percorso normativo che inizia con la legge delega conferita al Governo con la Legge 23 ottobre 1992 n. 421 a cui fa seguito il D.Lgs 3 febbraio 1993 n. 29, fino a giungere alla formulazione del D.Lgs 165/2001 con le successive modifiche apportate sia dalla Legge 145/2002 che dalla recente Legge 4 marzo 2009 n. 15.

Tale riforma aveva come finalità quella di attuare un consistente risparmio in termini economici, venendo meno quei benefici tradizionalmente riconosciuti al pubblico impiego e che lo differenziavano dal privato. Si preannunciavano così in questo ambito, tutta una serie di tagli, dai quali però il legislatore volle tutelare alcune categorie espressamente individuate, alla luce delle peculiarità delle funzioni da queste svolte, inserendole nell’articolo 3 del Decreto Legislativo 165/2001, per le quali il rapporto di lavoro restava disciplinato dai rispettivi ordinamenti; più nello specifico vennero esclusi dal processo di privatizzazione quei rapporti di lavoro collegati all’esercizio di potestà pubbliche e quindi titolari di funzioni pubbliche,

2.2 La nascita del comparto autonomo Vigili del Fuoco soccorso pubblico e difesa civile.

Anche il CNVVF fu inevitabilmente interessato dalle dinamiche del citato processo di riforma pertanto, essendo anche i Vigili del Fuoco titolari dell’esercizio di potestà e funzioni pubbliche, furono salvaguardati dal processo di privatizzazione del pubblico impiego, annoverandoli tra il personale in regime di diritto pubblico, mediante l’articolo 3 comma 1 bis[1] del Decreto Legislativo 165/2001.

Precedentemente i Vigili del Fuoco rientravano nel comparto di contrattazione delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, più comunemente noto come Comparto Aziende, che raggruppava oltre ai VVF, l'ANAS, la Cassa Depositi e prestiti, le Poste e Telecomunicazioni ecc., tale collocazione del CNVVF risultava assolutamente non idonea, a seguito della riforma del pubblico impiego, in quanto unico soggetto che vedeva le fonti regolatrici del rapporto d’impiego ricondotte al diritto pubblico, a differenza di tutti gli altri il cui rapporto di lavoro veniva ricondotto al diritto privato, pertanto a realtà regolatrici del rapporto d’impiego assolutamente e sostanzialmente differenti tra loro.

Nasce così la necessità di una necessaria ed idonea collocazione del CNVVF in un comparto negoziale disciplinato da regole di natura pubblicistica, mediante due possibili soluzioni, o la creazione di un autonomo comparto di negoziazione, che avrebbe comportato un notevole dispendio di risorse (anche economiche), o far confluire i Vigili del Fuoco in un comparto già esistente.

Al fine di valutare la seconda soluzione, occorre evidenziare quali fossero quelle categorie che, analogamente ai Vigili del Fuoco si trovavano in un regime di diritto pubblico, ai sensi del citato articolo 3 del Decreto Legislativo 165/2001 rubricato, appunto, come "Personale in regime di diritto pubblico", dalla stessa disposizione di legge, emerge che sottratte al processo di privatizzazione furono le seguenti categorie lavorative:

a) magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

b) avvocati e procuratori dello Stato;

c) personale militare e delle forze di polizia;

d) personale della carriera diplomatica e prefettizia;

e) enti che svolgono la loro attività in particolari materie (funzioni creditizie e valutarie; tutela del risparmio, borse, concorrenza nel mercato ecc.);

f) professori e ricercatori universitari;

Inevitabilmente, la scelta di una possibile collocazione compartimentale, non poteva che ricadere sul personale delle forze di polizia, era arduo pensare alla possibilità di individuare regole contrattuali comuni a magistrati, avvocati o professori universitari. Nasce così la legge delega 252/2004 ed il decreto legislativo 217/2005.

A tale proposito occorre evidenziare come non abbia fondamento giuridico la proposta di alcune realtà sindacali di collocare i Vigili del Fuoco in un ipotetico comparto che ricomprenda il personale della protezione civile o di altre similari amministrazioni dello stato, in quanto le fonti regolatrici del rapporto d’impiego sono sostanzialmente differenti, in quanto, come già affermato in precedenza, per i primi sono riconducibili al diritto pubblico, per le seconde invece al diritto privato, pertanto un eventuale comparto nel quale possono confluire i Vigili del Fuoco, può ricomprendere solo ed esclusivamente il personale di cui all’articolo 3 del Decreto Legislativo 165/2001.

2.3 Differenze tra comparti ed ordinamenti.

In parte la confusione che si è generata attorno alla collocazione ordinamentale del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco è riconducibile al fatto che taluni soggetti non siano stati in grado di cogliere le differenze che possono sussistere tra gli ordinamenti ed i comparti di negoziazione, ho volutamente utilizzato il condizionale in quanto può accadere che si possano far confluire gli uni negli altri.

Un comparto di negoziazione può essere definito come l'ambito di contrattazione di particolari realtà lavorative, può tuttavia accadere che si ravvedano necessità aggregative (spesso volte ad ottenere una maggiore forza rappresentativa) di realtà talora anche diverse tra di loro, accomunate da elementi che non sono necessariamente riconducibili alle caratteristiche ordinamentali. Facciamo un esempio, come già affermato in precedenza, prima della legge delega 252 del 2004, ovvero prima dell'emanazione del decreto attuativo 217 del 2005 i Vigili del Fuoco rientravano nel Comparto Aziende, quindi si trovava a coesistere con realtà ordinamentali sostanzialmente differenti tra loro. Dopo la riforma i Vigili del Fuoco transitarono in un autonomo contratto di negoziazione attraverso il DLgs 217/05 che, oltre a determinare il procedimento negoziale e le regole dello stesso, servì alla rideterminazione dell'ordinamento del personale in relazione alle esigenze operative, funzionali ecc. (citando testualmente la legge 252), rendendo così estremamente sottile la linea di demarcazione tra ordinamento del personale e comparto di negoziazione.


Esattamente il contrario di quanto invece accadde alla Polizia ed ai Corpi inseriti nel comparto sicurezza, infatti la legge 121/81 rappresenta l'ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza e pertanto l'ordinamento della Polizia di Stato, sostanzialmente differenziato (seppur legato sotto alcuni aspetti) al comparto di negoziazione definito comparto sicurezza, che nasce e viene disciplinato attraverso norme di partecipazione negoziale comuni, dal decreto legislativo 195/95. In questo caso gli ordinamenti sono separati (come avveniva per i VVF nel Comparto Aziende), ma per avere maggiore peso politico-negoziale, si sono decise procedure contrattuali comuni, che non interferiscono, sempre analogamente a quanto avveniva nel Comparto Aziende, nei rispettivi ordinamenti.



2.4 L’ordinamento della Polizia di Stato e la legge 121/81.

Il possibile inserimento del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco nel comparto di negoziazione definito “comparto sicurezza e difesa” ha caratterizzato il dibattito sindacale degli ultimi anni, influenzando radicalmente alcune ideologie sindacali. Tuttavia, le confusioni di cui al precedente paragrafo, tra ordinamenti e comparti di negoziazione, hanno influenzato anche il dibattito sul comparto sicurezza, determinando numerose confusioni che hanno contribuito a perdere di vista i reali obbiettivi, prospettano aspettative che difficilmente potranno essere soddisfatte attraverso il percorso indicato.

Occorre così distinguere l’ordinamento della Polizia di Stato e dell’Amministrazione di Pubblica sicurezza dal comparto di negoziazione delle forze di polizia ad ordinamento sia civile che militare e delle Forze armate.

L’ordinamento della Polizia di Stato e la sua evoluzione sindacale e negoziale, passa per due tappe fondamentali, che sono, la legge 121/81 e la successiva istituzione del comparto sicurezza. Con la prima, comunemente definita, legge di riforma, si è avviato il processo di smilitarizzazione della polizia, ed una sua libera sindacalizzazione, che trova una sua più ampia applicazione, con la successiva istituzione del comparto sicurezza.

Già da una prima lettura del testo della legge 1 aprile 1981 n. 121, si possono intuire quelle che sono le disposizioni contenute ed ai soggetti ai quali vengono riferite, leggiamo infatti “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”. Occorre a questo punto chiarire cosa si intenda per Amministrazione di pubblica sicurezza, accorre in nostro aiuto l’articolo 3 che afferma innanzitutto che essa è civile (smilitarizzazione della Polizia di Stato), riconoscendo poi le strutture che la compongono, facendo riferimento all’articolo 4 che individua il Dipartimento della Pubblica Sicurezza (organizzato secondo le previsioni del successivo articolo 5) ed all’articolo 31, che la vede altresì composta, ad esempio, da questure, commissariati, reparti mobili ecc.

Tanto per esprimere in maniera più chiara il concetto, la legge 121/81 rappresenta il nuovo ordinamento della Polizia di Stato, così come il decreto legislativo 217/05 rappresenta il nuovo ordinamento dei Vigili del Fuoco,.

I principi fondamentali della legge di riforma 121/81, si possono riassumere per brevità in:

· smilitarizzazione;

· unificazione nella Polizia di Stato dell’ormai disciolto Corpo delle Guardie di PS, del disciolto Corpo della Polizia Femminile e del personale del ruolo civile della P.S.;

· pari opportunità tra uomo e donna, specie nei concorsi di accesso, ma anche con particolare riferimento al trattamento economico e di mansione;

· sindacalizzazione (seppur con determinate restrizioni) della Polizia di Stato mediante il combinato disposto dagli articoli 82 ed 83 della legge in oggetto;

· contrattazione collettiva su tutte le materie oggetto del rapporto di lavoro;

Il tutto ovviamente, senza fare riferimento alcuno al comparto sicurezza, infatti il progetto comparto sicurezza trova realizzazione grazie all’impegno, confluito in un progetto politico sindacale, degli agenti della Polizia di Stato e più in generale degli operatori della pubblica sicurezza, al fine di ottenere un autonomo comparto di negoziazione, contro la previsione di inserimento nel comparto ministeri, al pari di tutti gli altri dipendenti dello Stato, in questo modo scongiurato.

2.5 La nascita del comparto sicurezza ed il Decreto Legislativo 195/95.

La specificità e la peculiarità del ruolo istituzionale degli operatori della sicurezza, furono le premesse alla base dell’esigenza di creare un autonomo comparto di negoziazione, che ricomprendesse le forze di polizia ad ordinamento civile, le forze di polizia ad ordinamento militare e le forze armate.

Nel 1995, ovvero 14 anni dopo l’emanazione della legge 121, a conclusione di un travagliato percorso politico sindacale, si giunge all’istituzione di un autonomo comparto di negoziazione che regola la contrattazione degli appartenenti alle forze di polizia ed alle forze armate, infatti con il Decreto Legislativo 195/95 si istituisce il comparto sicurezza.

Il Decreto Legislativo 195/95, da attuazione alla legge delega 6 marzo 1992 n. 216 la quale, all’articolo 2, conferisce al Governo della Repubblica la delega ad emanare un Decreto Legislativo che definisca, nel rispetto dei principi fissati dagli ordinamenti di settore e stabiliti dalle vigenti leggi, le procedure del rapporto di impiego delle forze di polizia, anche ad ordinamento militare, secondo i principi della legge 1 aprile 1981 n. 121, includendo in tale contesto anche le Forze Armate. Il Decreto Legislativo 195/95 rappresenta così la riforma della contrattazione collettiva, che porterà all’istituzione del comparto sicurezza. Infatti l’articolo 1 del Decreto Legislativo in oggetto, rubricato “Ambito di applicazione” stabilisce “Le procedure che disciplinano i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia anche ad ordinamento militare e delle Forze armate, esclusi i rispettivi dirigenti civili e militari ed il personale di leva nonché quello ausiliario di leva …”. Lo stesso provvedimento legislativo è alla base di una forma di partecipazione dei Corpi del comparto sicurezza, seppur consultiva, in occasione della predisposizione del documento di programmazione economica e finanziaria (D.P.E.F.), così come previsto dall’articolo 8- bis.

2.6 Conclusioni.

Da quanto in precedenza esposto si evince che il comparto sicurezza non nasce e non viene disciplinato dalla legge 121/81, ma dal decreto legislativo 195/95.

3 I Vigili del Fuoco nel comparto sicurezza, quale strada?

3.1 Cosa è l’articolo 16 della legge 121/81.

Come affermato in precedenza, l’articolo 16 della legge 121/81 non rappresenta il comparto sicurezza, tanto è vero che le Forze armate sono ricomprese nel comparto sicurezza, ma non sono contemplate nell’articolo in precedenza enunciato.

A questo punto occorre precisare cos’è l’articolo 16 della legge 121/81 al fine di fare chiarezza e cercare porre ordine nell’immensa confusione che si è generata proprio attorno al comparto sicurezza ed all’articolo appena citato.

Analizziamone il testo:

16. Forze di polizia.

Ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla polizia di Stato sono forze di polizia, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze:

a) l'Arma dei carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza;

b) il Corpo della guardia di finanza, per il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti, sono altresì forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato.

Le forze di polizia possono essere utilizzate anche per il servizio di pubblico soccorso.

Già dalla rubrica dell’articolo, si intuisce la sua valenza, leggiamo infatti: “Forze di polizia”, individuando pertanto quelle che sono le forze di polizia e che possono essere chiamate a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica. Si badi bene che quanto stabilito dall’articolo in oggetto, non significa che solo le forze di polizia possono occuparsi di servizi di ordine e sicurezza pubblica (se così fosse i Vigili del Fuoco sarebbero istituzionalmente delegittimati, cosa che in realtà sappiamo non essere), ma individua invece quelle che sono le forze di polizia che possono occuparsi, anche in concorso, dei servizi di sicurezza ed ordine pubblico.

Continuando nell’esame dell’articolo 16 troviamo una previsione di salvaguardia infatti vengono fatte salve le normative dei vigenti ordinamenti, cosa che riveste una fondamentale importanza, in quanto da essa si deduce che, anche qualora i Vigili del Fuoco fossero inseriti nell’articolo 16 della Legge 121/81, per il Corpo Nazionale continuerebbe ad essere vigente il Decreto Legislativo 217/2005, venendosi così a creare una sorta di paradosso normativo che impedirebbe al Corpo Nazionale Vigili del Fuoco di entrare a fare parte del comparto sicurezza, analizziamone le ragioni:

Come affermato in precedenza, un comparto di negoziazione può essere definito come l'ambito di contrattazione di particolari realtà lavorative, quindi l’insieme di quelle regole comuni che definiscono il procedimento negoziale, occorre già da subito evidenziare come all’interno della Legge 121/81, al contrario di quanto invece accade con il Decreto Legislativo 217/2005, non vengono definiti ne comparti di negoziazione ne tantomeno regole e procedure contrattuali, confermando quella realtà che vuole la Legge 121/81 quale normativa volta alla definizione ed alla disciplina di uno specifico ordinamento e non invece definizione di uno specifico comparto di negoziazione. Supponiamo adesso che il CNVVF sia inserito nell’articolo 16 della Legge 121/81, indubbiamente la prima conseguenza che si verrebbe a determinare, sarebbe l’individuazione dei Vigili del Fuoco quale forza di polizia, così come individuata dalla legge in oggetto (non mi esprimo nel merito dell’opportunità di tale effetto in quanto questione più utile al dibattito politico sindacale che alle finalità del presente documento), occorre a questo punto però comprendere con quali regole e con quali altri soggetti negoziali i Vigili del Fuoco andrebbero a contrattare, non essendo previste, come già affermato, dalla Legge 121/81 ne regole di contrattazione, ne ambiti compartimentali che, per le forze di polizia e per le Forze Armate (queste ultime non contemplate come ovvia che sia nella legge 121/81), vengono disciplinate dal Decreto Legislativo 195/95. Verrebbe in questo caso, a dirimere la controversia, lo stesso articolo 16 della legge in oggetto, nella parte in cui salvaguarda le normative dei vigenti ordinamenti, essendo pertanto in ragione di questa previsione, ancora vigente il Decreto Legislativo 217/2005, i Vigili del Fuoco andrebbero a contrattare con le regole previste dal citato decreto legislativo e pertanto nell’ambito del comparto autonomo di negoziazione denominato Vigili del Fuoco e soccorso pubblico. Quindi paradossalmente lo stesso articolo 16 della Legge 121/81 salvaguardando le norme ordinamentali del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco, garantirebbe la vigenza dell’articolo 34 del Decreto Legislativo 217/2005[2] che di fatto impedirebbe al CNVVF l’ingresso nel comparto sicurezza e quindi nell’ambito di contrattazione proprio delle forze di polizia, stabilendo che il procedimento negoziale avviene nell’ambito del comparto autonomo Vigili del Fuoco e soccorso pubblico, inoltre la vigenza dell’articolo 35 del Decreto Legislativo [3]impedirebbe di contrattare insieme agli altri Corpi di cui all’articolo 16 della Legge 121/81 in quanto stabilisce che il procedimento negoziale intercorre tra una delegazione di parte pubblica composta dal Ministro per la funzione pubblica, e una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco individuate con decreto del Ministro per la funzione pubblica. Sintetizzando quindi, senza una radicale riforma del citato Decreto Legislativo 217/2005 e della Legge delega 252/2004, si otterrebbe il solo risultato di divenire una forza di polizia, essendo preclusa dalla vigente normativa sia il transito nel comparto sicurezza che la possibilità di contrattazione insieme ad una delegazione negoziale del comparto sicurezza.

Tuttavia qualcuno potrebbe essere indotto a pensare che l’applicabilità dell’articolo 43 della Legge 121/81 che estende il trattamento economico della Polizia ai Corpi dello Stato di cui all’articolo 16 della stessa Legge 121/81, potrebbe portare benefici al economici ai Vigili del Fuoco, anche in questo caso tuttavia, senza una radicale riforma del Decreto Legislativo 217/2005 e della Legge delega 252/2004, si verrebbe a generare una sorta di paradosso ed una sicura confusione legislativa, infatti se è pur vero che l’applicazione dell’articolo 43 determinerebbe l’estensione ai Vigili del Fuoco del trattamento economico della Polizia, sarebbe anche vero il fatto che l’articolo 2 comma 1 della Legge 252/2004 [4]stabilisce che deve essere il Decreto Legislativo 217/2005 a disciplinare i contenuti del rapporto di impiego ed il trattamento economico dei Vigili del Fuoco, previsione attuata dall’articolo 36 [5]dell’ordinamento dei Vigili del Fuoco che prevede tra le materie di negoziazione il trattamento economico fondamentale e accessorio. Quindi norme di legge esattamente contrapposte le une alle altre, ovvero l’articolo 43 della Legge 121/81 contrapposta alle previsioni dell’articolo 2 comma 1 della Legge 252/2004 e l’articolo 36 del Decreto Legislativo 217/2005.

Abbiamo affermato che la Legge 121/81 non contiene al suo interno ne regole di contrattazione, ne la definizione di un comparto di negoziazione, occorre a questo punto capire in base a quali disposizioni si vengono a definire le regole di contrattazione ed il relativo comparto di contrattazione, la risposta è da ricercarsi, come affermato in precedenza nel Decreto Legislativo 195/95 che, come si può leggere nel testo dello stesso decreto, rappresenta: "Attuazione dell'art. 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate", inoltre dalla lettura dell’articolo 1 abbiamo una ulteriore conferma: Le procedure che disciplinano i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia anche ad ordinamento militare e delle Forze armate, esclusi i rispettivi dirigenti civili e militari ed il personale di leva nonché quello ausiliario di leva, sono stabilite dal presente decreto legislativo”, si ha così la nascita del comparto sicurezza che disciplina i contenuti del rapporto d’impiego del personale delle forze di polizia anche ad ordinamento militare e delle Forze Armate, in parole povere si disciplina la partecipazione alla contrattazione negoziale.”.

Quindi il comparto sicurezza nasce con il Decreto Legislativo 195/95 che contiene tutte le regole che ne disciplinano il procedimento negoziale.

4 Conclusioni.

Prima di trarre le dovute conclusioni, occorre precisare che lo scopo del presente documento non è quello di esprimere un giudizio di merito sull’opportunità di transitare o meno nel comparto sicurezza, tanto è vero che il sottoscritto è fermamente convinto della necessità di perseguire un indirizzo di rappresentanza negoziale comune agli altri Corpi dello Stato per rafforzare il peso contrattuale, non solo del CNVVF ma di tutti gli attori del processo contrattuale, mediante l’inserimento dei Vigili del Fuoco nel comparto sicurezza; scopo del documento è quello di definire un percorso efficace di raggiungimento di tale obbiettivo, contro le teorie estremamente semplicistiche di alcuni soggetti sindacali, che non pongono in essere atti di indirizzo concreti al raggiungimento di dette finalità, in ragione di ciò occorre evidenziare come l’articolo 16 della Legge 121/81 non rappresenta il comparto sicurezza, ma l’ordinamento della Polizia di Stato e dell’Amministrazione di Pubblica sicurezza, che l’inserimento dei Vigili del Fuoco nell’articolo 16 non comporterebbe alcun transito in un comparto di negoziazione diverso da quello attuale e nessuna equiparazione economica senza le modifiche al Decreto Legislativo 195/95 (istitutivo del comparto sicurezza e delle comuni regole e procedimenti negoziali), alla Legge 252/2004 ed al Decreto Legislativo 217/2005, senza le quali l’articolo 16 della Legge 121/81 non fa altro che determinare un inesorabile ed inevitabile allontanamento dallo stesso comparto sicurezza, anche a causa di tutta una serie di contrapposizioni legislative.



[1] Art. 3 Personale in regime di diritto pubblico.(Art. 2, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1993
e successivamente modificati dall'art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 80 del 1998)

1. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.

1. bis. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di leva, e' disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali.

1. ter. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria e' disciplinato dal rispettivo ordinamento.

2. Il rapporto di impiego dei professori e dei, ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all'articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n.168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992. n.421.

[2] Art. 34 del Decreto Legislativo 217/2005.

Ambito di applicazione 1. La definizione degli aspetti economici e di determinati aspetti giuridici del rapporto di impiego del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco avviene attraverso un apposito procedimento negoziale, nell'ambito del comparto autonomo di negoziazione denominato «vigili del fuoco e soccorso pubblico».

[3] Art. 35 del Decreto Legislativo 217/2005.


Delegazioni negoziali 1. Il procedimento negoziale intercorre tra una delegazione di parte pubblica composta dal Ministro per la funzione pubblica, che la presiede, e dai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, o dai Sottosegretari di Stato rispettivamente delegati, e una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco individuate con decreto del Ministro per la funzione pubblica, in conformità alle disposizioni vigenti per il pubblico impiego in materia di accertamento della rappresentatività sindacale, misurata tenendo conto del dato associativo e del dato elettorale; le modalità di espressione di quest'ultimo, le relative forme di rappresentanza e le loro attribuzioni sono definite, tra le suddette delegazioni di parte pubblica e sindacale con apposito accordo recepito con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 34, comma 2, in attesa della cui entrata in vigore il decreto del Ministro per la funzione pubblica tiene conto del solo dato associativo.

[4] Articolo 2 comma 1 della Legge 252/2004:

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la disciplina dei contenuti del rapporto di impiego del personale di cui all'articolo 1 e del relativo trattamento economico, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) istituzione di un autonomo comparto di negoziazione, denominato «vigili del fuoco e soccorso pubblico» (omissis)

[5] Articolo 36 del Decreto Legislativo 217/2005

1. Formano oggetto del procedimento negoziale:a) il trattamento economico fondamentale e accessorio, ivi compreso quello di lavoro straordinario, secondo parametri appositamente definiti in tale sede che ne assicurino, nell'ambito delle risorse stanziate dalle leggi finanziarie per corrispondere i miglioramenti retributivi al personale statale di diritto pubblico, sviluppi omogenei e proporzionati;b) il trattamento economico di missione e di trasferimento e i buoni pasto;c) il trattamento di fine rapporto e le forme pensionistiche complementari;d) la durata massima dell'orario di lavoro settimanale, i criteri di articolazione dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, dei turni diurni e notturni e delle turnazioni particolari;e) i criteri per la mobilità a domanda;f) le linee di indirizzo di impiego del personale in attività atipiche;g) la reperibilità;h) il congedo ordinario e straordinario;i) l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia;l) i permessi brevi per esigenze personali;m) il patrocinio legale e la tutela assicurativa;n) le linee di indirizzo per la formazione e l'aggiornamento professionale, per la garanzia e il miglioramento della sicurezza sul lavoro e per la gestione delle attività socio-assistenziali del personale;o) gli istituti e le materie di partecipazione sindacale;p) le procedure di raffreddamento dei conflitti;q) le aspettative, i distacchi e i permessi sindacali;r) la struttura degli accordi negoziali e i rapporti tra i diversi livelli.